Il disastro dell’atletica italiana a Pechino 2015

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Il recente mondiale di atletica leggera, disputatosi a Pechino, ha ufficializzato lo stato disastroso in cui versa ormai da tempo l’atletica leggera italiana. La spedizione azzurra si è infatti rivelata un gigantesco flop, con un carniere completamente vuoto e, soprattutto, senza nessun atleta capace di dare la sensazione di poter avvicinare i vertici, in un futuro prossimo.

Un quadro estremamente negativo

Basti pensare che dei quindici atleti impegnati nelle eliminatorie delle varie discipline, solo tre hanno passato il turno. La maggiore speranza di medaglia era affidata al saltatore in alto Gianmarco Tamberi, fresco primatista italiano, che però è riuscito ad approdare alla finale soltanto grazie al ripescaggio. Stesso destino di Libania Grenot sui 400 metri femminili, mentre leggermente meglio è andata Gloria Hooper, capace di qualificarsi direttamente per le semifinali con il suo primato personale.
A conti fatti, l’unico che è andato vicino alla medaglia è stato il maratoneta Pertile, arrivato al quarto posto, precedendo il campione europeo Meucci, a sua volta ottavo.
Discreto anche il quinto posto riportato da Donatella Palmisano nella venti chilometri di marcia, in una gara che ha invece visto squalificate le altre azzurre.
Un fallimento completo, ma non certo inaspettato, se si pensa che nelle ultime quattro edizioni della kermesse iridata, l’Italia ha conquistato appena due medaglie.

Anche gli infortuni hanno pesato

Stavolta, poi, a rendere più complicato il tutto ha concorso una lunga serie di infortuni che ha messo fuori causa alcuni dei nostri migliori atleti, a cominciare da Alessia Trost, la grande speranza italiana del salto in alto. Stessa sorte dei due triplisti, Daniele Greco e Fabrizio Donato, con il primo ormai da molto tempo fuori dai giochi dopo aver accarezzato il sogno di varcare i diciotto metri. Sfortuna analoga a quella che ha impedito la partecipazione della maratoneta Straneo e della grande speranza del mezzofondo Federica Del Buono.
Ora la federazione dovrà cercare di rimboccarsi le maniche, a soli dodici mesi dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro, in cui i nostri atleti dovranno cercare di riscattarsi, ma le premesse sono desolanti.

Ora si punta sui giovani

Gli unici sprazzi di luce arrivano dagli ottimi risultati collezionati dai nostri giovani alle manifestazioni internazionali ad essi riservate, ma nessuno di loro è in grado di sfondare subito ai massimi livelli. In alcuni settori, poi, il livello espresso è realmente desolante, se si pensa che il miglior velocista azzurro, Riparelli, ha corso i 100 metri in 10.41, tempo assolutamente improponibile a questi livelli.
Anche nelle discipline tecniche l’Italia è ormai scomparsa, come dimostra la crisi della marcia, tradizionale serbatoio di medaglie e questo costituisce un vero e proprio atto di accusa nei confronti delle politiche adottate dai vertici federali. Basti pensare al riguardo che la scomparsa dei capi settore ha praticamente permesso agli atleti di gestirsi da soli, coi risultati visti a Pechino.
Insomma l’atletica italiana vive un momento di profonda crisi, come del resto ricordato da Fiona May, che rischia però di prolungarsi per molto tempo, soprattutto se mancheranno quegli investimenti in strutture che sembrano ormai ineludibili.

Il team di RunningMania

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