Il fabbisogno calorico giornaliero (FCQ) è la quantità di calorie che si deve assumere dagli alimenti per mantenere il proprio peso invariato.
In prima approssimazione (senza cioè tenere conto della ripartizione in macronutrienti, cioè delle quantità assunte in carboidrati, proteine egrassi) se tale quantità è inferiore al fabbisogno calorico giornaliero si dimagrirà, se è superiore si ingrasserà. Le tabelle nutrizionali tradizionali forniscono valori del fabbisogno calorico giornaliero estremamente alti, in alcuni casi anche esagerati, concorrendo ad allontanare da una sana educazione alimentare tutti coloro che, utilizzando tali tabelle come alibi, evitano d’impostare un regime alimentare corretto. Perché le tabelle sono così “starate” rispetto a un corretto discorso alimentare? Sicuramente esiste un fattore culturalmente difficile da sradicare, rappresentato dal tradizionale accostamento fra bambino cicciottello e bambino sano.
Fino a qualche decennio fa la magrezza era vista come sinonimo di fragilità e, al limite, di malattia. A parte queste considerazioni che non dovrebbero toccare chi fa un discorso scientifico, purtroppo anche fra gli addetti ai lavori le tabelle dell’FCQ pompate continuano a essere riprodotte su molti testi di dietologia. Per fortuna l’introduzione dell’indice di massa corporea ha finalmente riportato sulla terra tutti quei dietologi che ritenevano del tutto normale avere qualche chilo di troppo.
Vediamo i punti principali che condannano le tabelle abbondanti:
- il fabbisogno calorico giornaliero non deve fare riferimento al peso;
- si deve tenere conto dell’adattamento.
Consideriamo, per esempio, un soggetto alto 1,75 m che pesa 84 kg con il 30% di massa grassa. Ciò significa che la sua massa magra è di 58,8 kg e che ha ben 25,2 kg di grasso.
Tutte le tabelle fanno riferimento al peso con l’ovvio risultato che il cibo introdotto va ad alimentare anche la massa grassa. Poiché un soggetto atletico ha il 10% circa di massa grassa (cioè per il caso esaminato 8,4 kg), le tabelle tradizionali che si riferiscono al peso vanno a nutrire 16,8 kg di grasso superfluo (25,2-8,4), cioè il 20% del peso. Per il soggetto in esame, il fabbisogno calorico giornaliero dovrebbe essere corretto del 20% in meno.
Un aspetto fondamentale del quale si deve tenere conto è poi l’adattamento. Quando l’organismo si trova a disposizione moltissime risorse, perde la capacità di ottimizzare i suoi processi, capacità che recupera quando le risorse a poco a poco diminuiscono. Ciò vuol dire che un individuo grasso e poco allenato può assumere più calorie perché il suo corpo non le sfrutta bene, le spreca, visto che è abituato a riceverne tante.
Quando il peso scende e il soggetto pratica un’attività sportiva continua, il suo organismo impara a mantenere il suo metabolismo con meno calorie di quelle utilizzate da un soggettosovrappeso e non allenato. Diventa cioè una “formica” mentre prima era una “cicala”. Per fare un esempio, un soggetto che scende dal 15% al 10% di massa grassa in sei mesi, dopo altri sei mesi per mantenere la percentuale al 10% avrà un fabbisogno calorico giornaliero di un centinaio di calorie in meno.
Dieta e metabolismo
La tiroide – In condizioni normali l’ormone tiroideo T4 viene convertito nell’ormone T3 la cui attività è circa cinque volte superiore a quella del T4. Durante una dieta ipocalorica questa conversione rallenta e con essa il metabolismo. È abbastanza facile scoprire che soggetti a dieta da diversi mesi e con percentuali di massa grassa basse abbiano anche bassi valori di T3.
Il fegato – Un altro meccanismo di controllo è rappresentato dai livelli di ATP nel fegato: la dieta ipocalorica fa abbassare questi livelli e automaticamente abbassa il metabolismo.
Il cervello – Alcuni neurotrasmettitori sono controllati dai livelli di alcuni aminoacidi, per esempio la tirosina. Una dieta ipocalorica ha parallelamente una ridotta quantità di tirosina e automaticamente il cervello riduce il metabolismo.
Sul mercato esistono prodotti che dovrebbero agire sui problemi sopraccitati stimolando la tiroide e sopperendo alle carenze con integrazioni di fosfati e di tirosina. A differenza dei veri e propri dimagranti (che riducendo l’assorbimento di grassi e zuccheri lavorano in maniera percentuale sul cibo introdotto: se la dieta è già “povera” di calorie non ne fanno risparmiare molte), lavorano in senso assoluto. Purtroppo hanno un’efficacia limitata nel tempo: dopo pochi mesi (nei quali comunque i risultati non sono eclatanti) il corpo si accorge di essere ingannato e torna al metabolismo “pigro”.
L’unica soluzione accettabile all’ipometabolismo è la pratica di un’attività fisica costante che consenta di far lavorare il corpo senza farlo andare “in letargo” come invece avviene ai sedentari che seguono regimi ipocalorici.
http://www.albanesi.it/alimentazione/fabbisogno.htm#dieta_metabolismo