Questo articolo sul pasto pregara è dedicato soprattutto a chi pratica la corsa (ma diversi concetti in esso contenuti sono tranquillamente applicabili ad altre attività sportive) ed è stato scritto proprio perché molti runner ci chiedono come affrontare dal punto di vista alimentare la settimana prima della gara e il giorno stesso della competizione.
Alimentazione prima della gara (la settimana prima)
Per ciò che concerne la settimana prima della gara occorre osservare che, tranne che per la maratona, se si segue un regime alimentare corretto non si deve variare nulla.
L’assunzione di dosi massicce di carboidrati nei giorni precedenti la gara non ha nessun senso quando si deve gareggiare su un 10000 m o su una mezza maratona. Questo perché quasi sempre l’eccesso di carboidrati, anziché saturare le scorte di glicogeno, viene immagazzinato come grasso. Infatti in genere l’atleta effettua la settimana di scarico in previsione dell’impegno agonistico e basta lo scarico degli allenamenti per garantire che l’alimentazione normale ripristini le scorte di glicogeno.
Questo vale sia per i runner che si allenano tutti i giorni sia (e a maggior ragione) per chi si allena tre o quattro volte alla settimana, con giorni di riposo ad alimentazione normale.
L’errore (tipico del maratoneta, ma presente anche per distanze più brevi della maratona):
assumere molti carboidrati qualche ora prima non serve granché perché:
- se l’atleta ha seguito una corretta strategia di integrazione ha già le riserve di glicogeno al massimo e la notte ne ha sottratto una quota veramente minima (8 ore di sonno circa 200 kcal per un atleta di 70 kg).
- Il meccanismo di trasformazione dei carboidrati in glicogeno richiede un tempo non minimo. L’atleta rischia di partire con la digestione ancora in corso e ciò è un doppio boomerang, da un lato perché non ha dal cibo le energie che voleva e dall’altro perché la digestione sottrae risorse all’organismo.
Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al paragrafo finale: Alimentazione e gara clou.
Il pasto pregara (l’ultimo prima del “via!)
Notevole importanza ha invece il pasto pregara, cioè l’ultimo prima del via.
Chiariamo subito che l’intervallo considerato fra pasto e gara è quello che va dalla fine del pasto all’inizio del riscaldamento (che innescando un’attività fisica seppur blanda rallenta i processi digestivi) e che spesso la digestione del pasto pregara è rallentata da un possibile aumento della tensione nervosa del soggetto.
Fondamentale per la comprensione dei risultati che saranno esposti è uno studio di Segal e Gutin. In questo studio è stato esaminato l’aumento del consumo d’ossigeno dovuto alla digestione di un pasto normale (con carboidrati, grassi e proteine). L’aumento del consumo d’ossigeno era minimo in soggetti obesi ed era massimo in soggetti magri, soggetti in cui dopo 4 ore dal termine del pasto l’aumento era ancora sensibile. Per i soggetti non obesi, ma sovrappeso si era in una situazione intermedia.
Pasto pregara: la strategia più corretta
È possibile dare solo delle indicazioni di massima che ognuno deve poi personalizzare. Poiché non consideriamo runner obesi e poiché un aumento del consumo d’ossigeno va a scapito della prestazione sportiva è ragionevole concludere che:
- se l’intervallo è inferiore alle tre ore non assumere nulla; per chi non resiste è possibile usare carboidrati in gel (o liquidi) che sono molto digeribili, ma mai appena prima di partire (almeno un’ora e mezza prima) e non troppi (200 kcal al massimo per un soggetto di 70 kg). Per l’assunzione di tali integratori si veda Le fonti esogene di carboidrati.
- Se l’intervallo è compreso fra le tre e le sei ore, assumere prevalentemente carboidrati, che richiedono un tempo di digestione decisamente inferiore rispetto alle proteine e rispetto ai grassi; anche in questo caso la quantità non deve essere troppa (400-500 kcal al massimo per un soggetto di 70 kg). Fare attenzione alla pasta che contiene una percentuale non trascurabile di proteine e normalmente è accompagnata dai grassi del sugo. La quantità di calorie dipende dall’intervallo, ma è comunque inferiore a un pasto normale.
- Se l’intervallo è superiore alle sei ore, si può pranzare normalmente.
Per esempio, per una gara serale che inizia alle 21.00, supponendo che il riscaldamento inizi alle 20.15, si può pranzare alle 13, terminando alle 13.30, e assumere un rompidigiuno da 200-400 kcal (prevalentemente carboidrati) attorno alle 16.30-17.00.
Per una gara alle 9.30 di mattina, l’unica soluzione è assumere un rompidigiuno da 200-400 kcal (solo carboidrati) attorno alle 6 del mattino.
Per le bevande che accompagnano i rompidigiuno astenersi ovviamente dal latte che non è facilmente digeribile.
Per chi è abituato a far colazione magari due ore prima della gara, può sembrare un supplizio il senso di fame che si prova, ma abituarsi allo schema sopraesposto può far correre meglio e più veloci.
E la sera prima della gara?
Ciò che accade la sera prima della gara non ha molta importanza, nel senso che si può solo sbagliare mangiando troppo. Si presume che il soggetto sia sufficientemente riposato sportivamente da non aver necessità di ripristinare le scorte di glicogeno, quindi è sufficiente un pasto “normale”. Meglio evitare cibi poco calorici, ma molto voluminosi (tipo megadosi di verdura ipocalorica) che provocano un inutile ristagno intestinale non essendo smaltiti in tempo rispetto alla gara. Evitare anche cibi troppo salati che causano un appesantimento inutile per una temporanea ritenzione idrica.
Alimentazione e gara clou
chi segue un’alimentazione sportiva con controllo del peso corporeo come deve comportarsi nei giorni precedenti (e nel giorno stesso) una gara importante?
L’obiettivo, anche se meno sentito della maratona, è di avere comunque scorte di glicogeno sufficienti; infatti i meccanismi energetici funzionano meglio se non c’è deplezione di glicogeno. Per convincersene basta correre per 15 km a ritmi da lento e poi effettuare un test sui 5000 m: nonostante il ritmo da jogger, il tempo non è certo da record. Nonostante il lento non abbia intaccato i meccanismi anaerobici con abbondante produzione di acido lattico, sicuramente le gambe sono stanche (e non solo per i microtraumi dei 15 km) e il test non sarà brillante.
Una banale soluzione è di immagazzinare energie con un aumento calorico (soprattutto carboidrati) nei giorni o nella giornata precedente la gara.
La soluzione è fallimentare perché si rischia un aumento di peso corporeo (anche 2 kg) che penalizzerà le prestazioni. Infatti, nonostante la disponibilità di carboidrati, il corpo più di una certa quantità non può incamerarne.
Supponiamo di assumere il giorno prima della gara 2.000 calorie in più, convinti di fare il pieno di energie: se in realtà solo 500 vengono trasformate in glicogeno, le altre 1.500 saranno trasformate in grasso; calcolando anche l’acqua legata al grasso e al glicogeno l’atleta aumenterà di circa un chilogrammo. Se l’operazione è ripetuta per due o tre giorni…
Poiché lo schema di approccio alla gara è il seguente:
- ultimo allenamento pesante
- scarico
- gara
lo scarico deve (con alimentazione normale che reintegri il glicogeno perso con l’ultimo allenamento pesante e durata sufficiente) portare le scorte di glicogeno almeno al 70% del loro massimo. Poiché un individuo di 70 kg può immagazzinare circa 2.000 kcal di glicogeno, significa che per arrivare al massimo (molto teorico) gli mancano ancora 600 kcal.
Quindi l’ideale è assumerle dalle otto alle quattordici ore prima della gara, nel pasto pregara (se è sufficientemente lontano dalla gara e se si è abituati ad arrivare alla gara con un rompidigiuno tre o quattro ore prima), la mattina a colazione (se la gara è alla sera) o alla sera (se la gara è al mattino).
http://www.albanesi.it/corsa/pregara.htm