Ogni runner è caratterizzato da un determinato passo che determina il ritmo di corsa, la tecnica personale e la falcata.
Con quest’ultimo termine si intende lo spazio percorso dallo stesso piede da quando si stacca dal suolo fino a che lo tocca di nuovo, cioè due passi. La falcata nasce dall’insieme della frequenza dei passi e della loro ampiezza, due grandezze inversamente proporzionali perché incrementando l’una si riduce l’altra. Le prestazioni della corsa sono il risultato del numero di passi al minuto per la loro lunghezza, il che determina la distanza percorsa.
Cosa influenza la falcata?
I fattori fondamentali che influenzano la falcata sono cinque. Il primo è la struttura fisica del runner. I soggetti longilinei hanno una falcata lunga mentre i brevilinei e normolinei tendono a correre con un maggior numero di passi e una falcata più corta. Su queste caratteristiche genetiche si può intervenire solo fino ad un certo punto. La falcata più efficiente è infatti quella spontanea e non forzata. L’ampiezza è influenzata anche dall’elasticità dei muscoli dell’atleta. I flessori della gamba non devono essere rigidi altrimenti limitano la lunghezza della falcata. Per questo è essenziale praticare regolarmente uno stretching specifico.
Una buona mobilità dell’articolazione dell’anca consente di incrementare la lunghezza e la scioltezza della falcata. La forza muscolare delle gambe del runner favorisce sia l’ampiezza che la frequenza del passo della corsa. Le altre due caratteristiche che influenzano la frequenza sono la reattività e la rapidità del soggetto. Il tempo che intercorre tra l’appoggio del piede al suolo e la fase di spinta deve essere il più breve possibile. Quanto più la distanza da percorrere è grande tanto più la falcata diventa radente. Un classico esempio di atleta con questo tipo di corsa è stato il cubano Alberto Juantorena, campione olimpico sui 400 e sugli 800 metri nel 1976 a Montreal.
Ad ogni atleta la sua falcata
Rispetto agli amatori, i runner d’èlite riescono a correre con maggiore velocità incrementando soprattutto la frequenza dei passi piuttosto che la lunghezza della falcata. La loro fase di volo è quindi minore ed i piedi si poggiano a terra più volte. Nelle prove lunghe, come la maratona, occorre limitare ogni spreco di energie mantenendo un perfetto stile di corsa. Una falcata economica permette di conservare energie per allungare e distanziare il gruppo degli avversari. Ogni runner ha ampiezza e frequenza ottimali, risultanti dalla combinazione dei fattori genetici con il tipo di allenamento, che gli permettono di ottenere la massima performance possibile. Nelle corse di velocità, come i 100 metri, si assiste ad una frequenza di passi elevata entro i primi 20 metri della distanza. La velocità diventa alta sui 40 metri mentre l’ampiezza della falcata raggiunge il massimo negli ultimi 10 metri.
Come si misura la falcata?
Il professor Piero Incalza, allenatore di atleti nazionali nonché ricercatore al Centro Studi FIDAL di Roma, spiega che esistono diverse metodiche di misura della frequenza del passo nella corsa. È possibile contare i passi in un determinato tempo, ad esempio un minuto, oppure misurare il tempo necessario ad eseguirne un certo numero. Cronometrando, ad esempio, il tempo impiegato per effettuare 40 passi, cioè 20 falcate, si può ottenere la frequenza dividendo 40 per il valore rilevato.
Il team di RunningMania