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Correre in montagna

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La corsa in montagna è una specialità dell’atletica leggera che viene svolta in ambienti montani. Come nel caso di altre specialità podistiche (per esempio la corsa campestre, la corsa su strada ecc.), anche la corsa in montagna fa parte del calendario sportivo della FIDAL, la Federazione Italiana di Atletica Leggera.

A partire dalla seconda metà del 2013, la IAAF (International Association of Athletics Federations, Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera) ha dato la sua approvazione a una serie di modifiche al Regolamento Tecnico Internazionale che disciplinano in modo ancora più preciso la corsa in montagna.

 

Le competizioni relative a questa specialità si svolgono, per la gran parte, fuori strada contemplando infatti sentieri che attraversano prati o boschi strutturando il percorso in modo tale che per la gran parte di esso sia possibile l’azione di corsa (in alcuni casi è di fatto necessario camminare).

Per regolamento, in un percorso di corsa in montagna devono essere compresi consistenti tratti di salita (oppure di salita e discesa); possono far parte del percorso anche tratti di strada asfaltata a condizione che la loro lunghezza non superi il 20% della lunghezza complessiva del percorso di gara.

Per quanto riguarda la pendenza, quella media deve essere compresa tra il 5 e il 20%.

Il punto più alto del percorso di gara non deve essere posto oltre i 3.000 metri di quota (tranne qualche eccezione).

Le tipologie della corsa in montagna

Sono quattro:

  • corsa in montagna classica
  • corsa in montagna di lunga distanza
  • corsa in montagna a staffetta
  • corsa in montagna a cronometro.

La corsa in montagna classica è la tipologia più diffusa tra le quattro; da regolamento, la distanza consigliata per la categoria seniores è di 8 km per le donne e 12 per gli uomini; distanze inferiori per quanto riguarda la categoria juniores (4 km per le ragazze, 8 per gli i ragazzi) e la categoria allievi (3 km per le ragazze e 5 per i ragazzi).

La corsa in montagna di lunga distanza prevede percorsi con lunghezza compresa tra i 20 km e la distanza della maratona (42 km e 195 m).

Le altre due tipologie sono molto poco diffuse.

Corsa in montagna: alcune considerazioni

La corsa in montagna, come abbiamo visto, è una forma di corsa che si caratterizza per il percorso, generalmente montano. È quindi dal percorso che si deve partire per comprendere le differenze con la corsa campestre o con la corsa su strada.

Se le gare di corsa in montagna hanno un regolamento piuttosto preciso, molte competizioni locali possono genericamente essere riportate a questa disciplina purché si svolgano per la maggior parte su terreni fuori strada con tratti consistenti di salita (eventualmente con discese). Le principali differenze con una gara “seria” riguardano la presenza di asfalto (che nelle competizioni, come da regolamento, non supera mai il 20% della lunghezza del percorso) e l’assenza di tratti dove praticamente non si può correre. Non è raro trovare manifestazioni locali dove anche gli atleti più veloci sono costretti a camminare per una buona parte del percorso a causa della pendenza eccessiva e/o del terreno troppo accidentato.

Le gare si differenziano sostanzialmente in due grandi classi:

  • gare con arrivo altimetricamente situato molto sopra la partenza;
  • gare con arrivo e partenza coincidenti (eventualmente su più giri).

La differenza è molto importante perché nel primo caso l’abilità in discesa del runner è molto meno importante che nel secondo.

Allenamento per la corsa in montagna: una vera e propria arte

L’allenamento per la corsa in montagna è una vera e propria arte, un capitolo a sé stante della teoria dell’allenamento. La principale difficoltà consiste nel fatto che la corsa in montagna deve essere vista come una disciplina multipla (un po’ come il triathlon) nella quale chi vuol emergere deve ottimizzare diverse prestazioni. Le principali sono tre:

  • corsa in salita
  • corsa in discesa (eventualmente assente nelle gare di sola salita)
  • corsa campestre.

Si rimanda agli articoli corrispondenti per le generalità; in questa sede è importante verificare se è possibile allenare contemporaneamente le tre componenti, non tanto per lo specialista (che necessariamente deve farlo) quanto per il runner che occasionalmente decide di dedicarsi (per esempio nei mesi più caldi) alla corsa in montagna.

L’errore da non fare – Pensare che il miglior allenamento per la corsa in montagna sia ilcollinare. Il ragionamento semplicistico è che poiché un collinare ha salite e discese nonché tratti sterrati (basta scegliere i percorsi giusti), ecco che allenarsi su un tale percorso diventa ottimale. In realtà non è proprio così perché le lacune che l’atleta ha continua a mantenerle: se per esempio è debole in discesa, nel collinare spingerà in salita e rallenterà istintivamente in discesa ecc. Del resto i triathleti preparano singolarmente le tre discipline.

Per chi si vuole dedicare alla corsa in montagna, il collinare classico (su percorso ondulato) può sostituire il lento in piano e quindi ha finalità di mantenimento piuttosto che di miglioramento.

Occasionali o specialisti? – Molti runner si dedicano alla corsa in montagna solo occasionalmente, soprattutto nella stagione estiva, quando il caldo rende meno gradevole gareggiare in pianura. I risultati sono spesso deludenti. Per esempio, dalle mie parti, in provincia di Pavia, le gare di corsa in montagna (sull’Appennino pavese a quote fra i 500 e i 1.400 m) si disputano da metà giugno a fine agosto e in genere si assiste a una vera e propria migrazione di atleti dalla pianura ai durissimi percorsi della montagna. Le classifiche sono spesso sovvertite con atleti tipicamente anaerobici e/o con bassa forza specifica (in genere perché troppo pesanti) che scivolano indietro, sopravanzati da atleti molto più deboli sul piano.

L’errore più comune che si commette è di considerare le corse in montagna come un naturale potenziamento estivo, magari un richiamo a quello invernale svolto in palestra o con le ripetute su salite più o meno brevi. Mentre chi corre naturalmente tutto l’anno su percorsi decisamente collinari ha una preparazione “naturale” all’impegno agonistico in montagna, chi si allena in pianura o su percorsi comunque piani deve prestare attenzione al fatto che quando si decide di utilizzare una gara in montagna come mezzo allenante senza essere degli specialisti si commette un grave errore perché non si ottiene nessun beneficio; anzi, non si può che averne dei danni:

  1. il dolore muscolare (dovuto soprattutto alle discese) che segue la gara può bloccare un’intera settimana di allenamenti;
  2. è facile incorrere in problemi tendinei, distorsioni o altri infortuni;
  3. soprattutto se è sovrappeso, l’atleta scoprirà che avversari più leggeri che in pianura non vede nemmeno in salita lo supereranno con facilità;
  4. chi non sa correre in discesa, scoprirà che tutto il vantaggio che eventualmente accumula in salita verrà dissipato in poche centinaia di metri di discesa. In sostanza soffrire in salita non è un buon metodo d’allenamento, se non si è preparati.

Quindi, se si vuole occasionalmente darsi alla corsa in montagna, è opportuno dedicare unperiodo di almeno 3 settimane per adattarsi al nuovo tipo di sforzo. Vediamo come porre parziale rimedio ai punti sopraccitati.

  1. Provare prima della gara qualche allenamento di chilometraggio crescente. Si inizia con 4 o 5 km (sì, sono pochi, ma il giorno dopo è meglio muoversi ancora…) a ritmo lento, eventualmente preceduti o seguiti da un tratto in piano. Il tratto allenante deve comprendere salite e discese simili a quelli della gara come fondo e pendenza.
  2. Per questo punto vale un solo consiglio: per affrontare una gara in montagna occorre essere a posto al 100%.
  3. Il consiglio logico sarebbe: dimagrire! In attesa che la dieta faccia il suo effetto, non è opportuno spingere al massimo in salita, convinti che poi la discesa aiuterà. Per andare forte in discesa occorre avere gambe ancora fresche.
  4. Per correre bene in discesa si deve tenere il busto perpendicolare al terreno, senza spostare il baricentro troppo indietro, coordinare l’azione delle braccia, rilassare le spalle e il collo e, soprattutto sullo sterrato, correre con le caviglie sufficientemente rigide in modo da essere sempre pronti a rispondere a una buca imprevista.

La forza specifica

Prima di impostare un piano di allenamento è necessario verificare se l’atleta sia o meno dotato di sufficiente forza specifica, cioè la forza relativamente al proprio peso. Esiste un metodo molto semplice ed empirico: se in corsa campestre si superano gli atleti che normalmente ci stanno davanti sul piano, la propria forza specifica è buona (atleta forte), se invece si rimane attardati rispetto a quelli che sull’asfalto non si vedono nemmeno, la propria forza specifica è insufficiente (atleta debole).

Gli atleti deboli possono cimentarsi nella corsa in montagna, ma dovrebbero sapere che saranno inesorabilmente penalizzati. Sarebbe opportuno che, prima di gareggiare in montagna, aumentassero la loro forza specifica con metodi anaerobici (palestra o salite brevi); l’uso infatti di metodi aerobici (salite lunghe) che potrebbero sembrare adatti perché vicini allo scopo dell’allenamento (la gara in montagna) non è consigliabile perché ogni sforzo aerobico contrasta il potenziamento muscolare e può quindi essere visto come un valido mezzo di mantenimento, ma non di accrescimento.

Corsa in montagna: proibita ai sovrappeso – Un’ultima annotazione riguarda i runner in sovrappeso. Se correre una gara di 10 km in sovrappeso può essere comunque gratificante dal punto di vista della prestazione, la corsa in montagna dovrebbe essere tabù: ritmi penosi in salita e sollecitazioni eccessive in discesa trasformano la prova in un vero e proprio suicidio atletico.

I tre allenamenti

Vediamo a questo punto i tre allenamenti specifici.

Allenamento per la corsa in salita – Qui il discorso è molto facile e intuitivo. L’allenamento cardine è il medio in salita (dai 3 ai 10 km). Quando si parla di medio in salita si intende di “tutta salita” (sono concessi tratti in piano), senza discese che consentirebbero di rifiatare. Lo scopo del medio in salita è di formare la falcata (che diventerà più corta) e la muscolatura (con lo sviluppo dei muscoli posteriori della gamba). Poiché tali modifiche devono avere una certa flessibilità, è importante alternare il medio in salita a normali prove in piano per evitare che l’accorciamento della falcata diventi una caratteristica dell’atleta (con conseguente rallentamento del ritmo nei tratti in cui può spingere al massimo).

Allenamento per la corsa in discesa – Contrariamente a quanto generalmente si pensa, la corsa in discesa deve essere allenata. Non basta buttarsi a capofitto (sperando di non sfracellarsi). Anche per la corsa in discesa il corpo deve trovare una sua meccanica ottimale e vale la pena lavorarci sopra. Il metodo più semplice è quello graduale. Si eseguono ripetute di 300-600 m con recuperi di solito brevi (1-2′) su tratti in discesa. Dapprima la discesa deve essere molto dolce (quasi un falsopiano), poi si incrementa a poco a poco la pendenza (allungando la distanza delle ripetute). Ci vogliono un paio di mesi per arrivare a un equilibrio meccanico più che sufficiente.

Ci sono delle controindicazioni alla corsa in discesa (e quindi a quelle corse in montagna che presentano discese troppo ripide): disturbi visivi, lassità dei legamenti della caviglia e/o del ginocchio, disturbi propriocettivi e dell’equilibrio.

Allenamento per la campestre – Non si deve pensare che basta correre nei campi. Il tratto campestre di una corsa in montagna ha caratteristiche ben precise. In particolare ciò che conta è la capacità di adattarsi al cambio di falcata e alle asperità del terreno che sono sempre di tipo rigido. Inutile allenarsi su fango, erba o su percorsi “molli”. Fondamentale è un buon lavoro di piedi con molta ginnastica per il miglioramento della rullata.

 

 

http://www.albanesi.it/arearossa/articoli/081corsamont.htm

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