Nel 2007, alla vigilia della maratona di New York, fece il giro del mondo la notizia del provvedimento preso dalla Federazione americana di atletica:
All’inizio sembrava che il divieto fosse dovuto esclusivamente a motivi di sicurezza – il concorrente potrebbe non udire le segnalazioni acustiche dello staff – ma in seguito la federazione chiarì che le nuove regole erano state varate anche, e soprattutto, per non concedere “un vantaggio agonistico” a coloro che correvano ascoltando.
“Bandito l’uso di auricolari e riproduttori di musica portatile nelle competizioni ufficiali”
DAL PUNTO DI VISTA TEORICO
LA MUSICA – È un esempio di focalizzazione psichica su un evento piacevole: il soggetto crede che utilizzando un focus positivo, sia possibile percepire meno la fatica. Se fosse così tutti i professionisti userebbero tale focus. In realtà il focus psichico positivo c’è davvero, ma ha una controindicazione: se mi concentro sulla mia musica preferita otterrò il risultato di distrarmi dalla prestazione. Certamente farò meno fatica e sarò positivamente “stimolato”, ma farò meno fatica soprattutto perché essendo meno concentrato sulla prestazione…andrò più piano. Non a caso fare sport ascoltando musica è tipico della mentalità del jogger.
Si può tranquillamente dire che la musica durante la corsa è quasi sempre controproducente, tranne in quei casi in cui serve per superare momenti di difficoltà. Se però questi momenti di difficoltà durano tutta la gara e una persona ha bisogno della musica per superarli…che corre a fare? È sicuramente più consigliabile migliorare il proprio allenamento!
È indubbio che più frequentemente sia l’atleta meno “professionale”, il “jogger” (e non il runner, a prescindere poi dalla prestazione dell’uno o dell’altro) a cercare aiuto e conforto nella musica. Molti jogger non reggono la noia di una corsa di un’ora, non riescono a concentrarsi sul percorso, sulle sensazioni del proprio corpo, sul ritmo a cui stanno andando. Hanno bisogno della musica per “darsi il passo” e cercano quindi di distrarsi: arrivano sì alla fine, ma sicuramente non danno mai “tutto”. Del resto il nostro cervello non riesce a fare due cose contemporaneamente al massimo livello. Pensate ad esempio: studiare e ascoltare musica.
Il soggetto che AMA veramente la corsa, dovrebbe sentirsi inebriato dalle sensazioni che essa dà!
Qualora le cuffie permettano di ottenere una prestazione migliore, ciò accade solo perché il lato psichico del jogger è ancora carente nei confronti del gesto sportivo.
Beh…che ne pensate di un soggetto che per fare l’amore ha bisogno di sentire musica, altrimenti non ci riesce? Credete abbia una grande carica sessuale?
DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO
LA PROPRIOCEZIONE – Si definisce come l’abilità del corpo di trasmettere il senso della posizione, analizzare l’informazione e reagire allo stimolo con un movimento appropriato. È quindi la propriocezione che governa l’equilibrio e la stabilità, la coordinazione dei movimenti sottili così da permettere una migliore perfomance fisica. Si intuisce perciò che una migliore propriocettività è direttamente correlata alla prestazione.
Bene, l’orecchio è uno degli apparati che se ne occupa, agisce inconsciamente e ricerca di trasmettere più dati possibili al cervello mentre corriamo, per aiutarci a correggere e ottimizzare tecnica, postura e ritmo. Quando indossiamo le cuffie, il nostro povero orecchio riesce a trasmettere al nostro cervello sicuramente un’ottimo brano (non dubitiamo certo dei vostri gusti musicali!) ma certamente nulla di utile per quanto riguarda il nostro gesto tecnico e la nostra postura!
CUFFIE SÌ O CUFFIE NO?
È moda? Doping musicale? È giusto ascoltare musica mentre si corre?
La corsa dovrebbe essere ogni volta un piccolo o grande viaggio da un punto ad un altro, da una meta ad un’altra, e contemporaneamente un viaggio dentro se stessi per portare poi con sé al ritorno un bagaglio di esperienze che ci aiutino a conoscere meglio chi siamo e quali sono le nostre personali risposte ai diversi stimoli, fisici o mentali che siano.
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