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Imparare a gestire gli sforzi prolungati e la sofferenza

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In presenza di sforzi prolungati, come quando si corre una maratona, è possibile superare i momenti di crisi ed andare così oltre i propri limiti: ecco i consigli degli ultrarunners.

Se per alcuni runners portare a termine i fatidici 42 chilometri della maratona rappresenta quasi una chimera, c’è anche chi si dedica addirittura con costanza all’ultrarunning, riuscendo a sostenere sforzi prolungati e impensabili per la maggior parte degli atleti. Ma quale è il segreto di questi corridori che vanno “oltre il limite” e non patiscono i fisiologici momenti di crisi nel corso di una gara massacrante? Come suggerito da alcuni psicologi dello sport e da celebri ultratleti, il segreto sta soprattutto nella testa, prima ancora che nei muscoli.

LO STUDIO DELLA CHRISTENSENS

Un interessante studio a proposito delle capacità quasi sovrumane di sopportare lo sforzo fisico da parte di chi corre la maratona e l’ultramaratona è quello presentato dalla dottoressa Dolores Christensens, psicologa presso lo Springfield College (Massachusetts). Secondo la Christensens, per i runners amatoriali è possibile imparare molto (se non a livello di prestazioni, quantomeno dal punto di vista motivazionale) dalle esperienze di questi “iron men”. Il merito della sua ricerca è stato anche quello di aver messo in evidenza alcuni aspetti che accomunano gli ultrarunners, dimostrando inoltre che la sofferenza, in alcuni casi, è solo una condizione mentale.

RACCONTI DI CORSA

Un caso paradigmatico è quello di coloro che, al termine di una maratona, non sono affatto concentrati sul fisiologico senso di stanchezza una volta tagliato il traguardo: in realtà, sull’onda dell’entusiasmo, pensano subito alla prossima gara e sentono quasi il bisogno di correrne un’altra. Come è possibile? L’indagine condotta dalla psicologa si è basata sui racconti (in alcuni casi romanzati o declinati in chiave eroica) della sofferenza provata da alcuni runners scelti a campione, intervistandoli ad ognuno dei quattro “checkpoint” di un percorso di ben 180 chilometri.

I SEGRETI DEGLI ULTRARUNNERS

In base a quanto emerso, nella prima fase della gara gli ultrarunners tendono a focalizzarsi sul paesaggio, entusiasmandosi per tutto ciò che li circonda: questa è una tecnica utile per “deviare l’attenzione” e fare riserva di energia per i momenti più duri. Nelle fasi successive, quando le forze cominciano a mancare o si corre di notte, è interessante notare come nei racconti nessuno nasconda la sofferenza. L’accettazione del dolore è uno dei segreti per superare le crisi, a patto che venga gestito correttamente: se la sensazione di fatica è oggettiva, il modo in cui la si vive è soggettivo e può diventare uno stimolo a non arrendersi. Un altro aspetto interessante della ricerca è che i suoi risultati hanno un campo di applicazione molto vasto e sono validi sia per altre discipline atletiche, sia per delle situazioni quotidiane e lontane dalla pratica sportiva.

“GESTIRE” IL DOLORE”

Nelle conclusioni del suo studio, la Christensens conferma che è l’attitudine con cui si affronta un problema a determinare le possibilità di superarlo. Non serve un coach o un “motivatore” per trovare gli stimoli giusti: infatti, difficilmente le motivazioni per non crollare nel corso di una gara arriveranno da altri. Di conseguenza, per un runner è fondamentale amare ciò che sta facendo, godere della compagnia di amici e avversari (chiedendo loro aiuto se necessario), ma soprattutto accettare il dolore come una componente essenziale della propria passione. “In fondo”, conclude la Christensens, “la sofferenza non è altro che il modo in cui ciascuno di noi gestisce quel dolore: dunque, allenare la mente, anziché solo i muscoli, è l’unica soluzione per superare una crisi quando la forza fisica non basta più.

 

 

 

Il Team di RunningMania