Migliorare le prestazioni è uno degli obiettivi dei runner principianti: scopriamo in quanto tempo si raggiunge il top e quali sono invece i progressi fittizi.
Indipendentemente dall’età in cui si comincia a praticare running e dalle ragioni che spingono ad avvicinarsi all’attività fisica, i corridori alle prime armi sono motivati soprattutto dal cercare di elevare nel minor tempo possibile le proprie performance e raggiungere il top. In realtà, secondo alcuni esperti, quella del costante incremento delle prestazioni è una meta illusoria per due motivi: innanzitutto perché si finisce per trascurare proprio la componente salutista che, di solito, è lo stimolo principale per iniziare a correre; in seconda battuta, il miglioramento non è un concetto assoluto, ma va declinato a seconda delle esigenze del singolo individuo.
I finti miglioramenti
Tuttavia, “arrivare al top” non significa nulla se l’incremento della prestazione riguarda un parametro o un aspetto poco rilevante per gli obiettivi che il runner si è posto. Ad esempio, in certi casi si parla di un finto miglioramento dal momento che il corridore erroneamente compara una determinata prestazione a una situazione precedente non ottimizzata. È il caso della frequenza degli allenamenti oppure della distanza di gara sulla quale il runner cerca di testarsi: la regola-base è quella di fare dei paragoni con la propria migliore performance assoluta, tenendo presenti alcuni fattori come l’invecchiamento, la volontà di cimentarsi in nuove specialità e il modo in cui ci si allena.
I miglioramenti reali e le “grandezze”
A differenza di quelli finti, i miglioramenti reali sono la diretta conseguenza di un fisiologico sviluppo delle caratteristiche del runner, a patto che alla base ci sia un allenamento costante ed eseguito bene (con almeno cinque uscite settimanali). Da questo punto di vista, gli esperti di Medicina dello Sport spiegano che determinate “grandezze fisiologiche” raggiungono il top in tempi diversi; dunque, conoscere la tempistica di ciascuno dei fattori è fondamentale per una programmazione mirata del training. Ad esempio, di fronte a una grandezza sviluppata e portata al top in due mesi, è inutile continuare a sollecitarla nelle settimane successive: è invece molto più sensato mantenere il risultato raggiunto (i cosiddetti “richiami”).
Quattro fasi per arrivare al top
Stando ai più recenti studi, sono state individuate quattro fasi di miglioramento, ognuna con le sue tempistiche e le grandezze di riferimento. La prima fase dura due mesi e punta a sviluppare le grandezze rapide: se l’allenamento è eseguito correttamente, esaurito questo ciclo l’incremento si arresta e non si riscontrano più miglioramenti sostanziali. La seconda fase arriva fino a cinque mesi e riguarda il lavoro per l’incremento delle grandezze standard, mentre la terza (ciclo massimo di un anno) concerne le grandezze lente. Infine, il quarto e ultimo periodo arriva fino a due anni esatti e migliora le grandezze lentissime. In sostanza, se bene allenati e in maniera continuativa (oltre che in assenza di infortuni gravi: questi fanno regredire pericolosamente i risultati acquisiti), molti principianti arrivano all’agognato top delle performance in due anni. In generale, si ritiene comunque che periodi di stop di tre settimane non contribuiscano al “deallenamento” (perdita parziale o totale di adattamenti fisiologici) e possano anche essere contemplati.
Il Team di RunningMania