Correre in salita è sicuramente faticoso ma consente di ottenere dei risultati straordinari sul miglioramento delle proprie “performance atletiche”.
Oltre al potenziamento muscolare e a quello cardiaco, le variazioni di ritmo che sono necessarie in un percorso in salita consentono di dosare al meglio consumi e forza e, di conseguenza, di aumentare la resistenza, meccanica e mentale. Tutto questo, però, si ottiene solo se si affrontano i dislivelli con metodo e preparazione.
Innanzitutto, è bene iniziare l’allenamento in salita affrontando dislivelli continui – ossia senza importanti “picchi altimetrici” – e con pendenze comprese tra il 3 e il 6 per cento.
Le corse “intervallate” salita/piano dovrebbero avere una distanza di minimo 3 e massimo 6 chilometri. Questi intervalli sono molto importanti, soprattutto per i “novelli” runner, poiché consentono un adeguato tempo di recupero che è indispensabile per non sforzare troppo la muscolatura e incorrere in rischiosi infortuni.
Lo straordinario atleta e ultratrail Kilian Jornet suggerisce di calcolare i giusti tempi di recupero, durante un allenamento in salita, con il “fattore temporale” – raddoppiando o triplicando il tempo di corsa lenta rispetto a quello di corsa veloce -, ovvero con la distanza. In quest’ultimo caso, i runner possono applicare queste percentuali: 30% circa di corsa veloce, alternata a 70% di corsa lenta.
Altro aspetto fondamentale, nella corsa in salita, è la “velocità” del cambio di ritmo. Tale fattore dipende molto dal tipo di allenamento prescelto: se il runner esegue una sessione di corsa in salita per attivare il “sistema anaerobico lattacidico” – preposto a incrementare la produzione di energia e la potenza muscolare -, i tempi di recupero dovranno essere molto “stretti” e il ritmo degli stessi non dovrà scendere al di sotto di quello medio.
Il team di RunningMania