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Gaia Peron spiega le motivazioni che l’hanno portata in Turchia

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Nel 2014 avevamo dato in esclusiva la notizia su Gaia Peron che avrebbe inseguito il suo sogno olimpico difendendo i colori della Turchia e non più quelli italiani. Gaia ha raccontato  su fcz  le motivazioni che l’hanno portata a questa difficile decisione:

«Sinceramente non avevo mai pensato a una possibilità del genere e non sapevo come fosse possibile che un’atleta di una nazione potesse gareggiare per un’altra. Vedevo le ragazze che gareggiavano con il body ITU, ma non sapevo nemmeno cosa significasse.»

«A novembre del 2013, come di consueto si sono svolti gli incontri per pianificare la stagione successiva. Ho avuto un colloquio con il DT della nazionale azzurra (Mario Miglio, ndr) durante il quale mi è stato comunicato che io avrei fatto parte di un progetto individuale: per diventare una PO (probabile olimpica, ndr) avrei dovuto, unica delle triatlete del gruppo azzurro, fare registrare in una gara in pista un 36’30” sui 10K o un 17’30” sui 5K.»

«Il DT è legittimo che chieda a un atleta un requisito, in questo caso tra l’altro un tempo da italiani di atletica; quello che non ho compreso è perché solamente la sottoscritta doveva dimostrare di avere questo requisito…»

«Io vengo dal nuoto e la stagione 2014 è stata il mio sesto anno di triathlon. Ho iniziato a nuotare a 3 anni e ho praticato per 20 anni solo questo sport: amavo il nuoto, era la mia vita e poi… un infortunio molto grosso alla spalla ha interrotto bruscamente la mia carriera di nuotatrice. Durante una gara, mi uscì una spalla e non rientrò, via in barella dalla piscina e referto spietato: legamento della spalla destra totalmente andato.»

«Tre mesi abbondanti ferma, all’epoca avevo 22 anni e per il nuoto sei già un “vecchietto”. Avrei potuto operarmi, con 6 mesi di degenza e la speranza che tutto sarebbe tornato come prima. Ma comunque non avrei potuto affrontare i carichi di lavoro che avevo sempre fatto. Ho scelto un’altra strada, ovvero riabilitazione in palestra e diminuzione netta dei carichi in piscina, con solo 4 allenamenti settimanali.»

«Nel triathlon riesco a mantenere un ottimo livello, ma non potrei pure volendo fare di più perché non mi posso permettere assolutamente di dare grossi scossoni alla mia spalla.»

«Un giorno il Facco (il suo compagno, Luca Facchinetti, ndr) è arrivato a casa con un paio di scarpe per farmi buttare giù qualche chiletto di troppo accumulato per via dello stop. E così ho cominciato a correre. E, amando la competizione, mi sono subito buttata a fare gare campestri, la cosa mi divertiva!»

«A ruota ho comprato la bici e la sensazione che avevo le prime volte che uscivo era di essere su un’astronave. Non conoscevo nulla della bici, nemmeno i pedali a sgancio rapido… Sono caduta un’infinità di volte, ovunque!»

«E arrivata poi la prima gara nel 2009, il duathlon a Rivergaro e poi il primo triathlon, su distanza sprint, ad Andora: feci traiettorie orribili, ma riuscii ugualmente ad uscire per prima dall’acqua, una bella soddisfazione.»

«Le mie gare erano ovviamente farcite da tanti “errori di gioventù”, anche perché per me il triathlon all’inizio era un gioco; ma allo stesso tempo mi sono subito sentita attratta, in particolare dall’ambiente del nostro movimento, così coinvolgente e caldo, non paragonabile rispetto al nuoto.»

«Gara dopo gara sono cominciati ad arrivare anche i risultati e la soddisfazione di vedere che almeno nelle prime due frazioni riuscivo a rimanere con le più forti. Lì è scattata la molla, la mia competitività è saltata fuori, la mia voglia di fare sport per sfidarmi di continuo per fare sempre meglio dando il tutto per tutto.»

«Al termine della prima stagione è arrivata la prima convocazione e sono arrivate anche le Fiamme Oro, il mio grande team, la squadra che mi ha permesso di realizzarmi come atleta professionista di triathlon.»

«E torniamo così, dopo anni di crescita e di triathlon vissuto a 360°, alla stagione appena conclusa. Per riuscire a centrare i tempi che mi erano stati richiesti, ho dovuto dedicare la preparazione in particolare nella direzione del podismo, ma nonostante questo sono riuscita a mantenere l’equilibrio necessario a fare bene in tutte e tre le discipline.»

«Il tempo richiestomi dal DT alla fine non è venuto per svariati motivi (nei 5K sono arrivata a 10″ dal requisito), ma quello che posso dire di sicuro è che sono riuscita a trasformare quella che per me vedevo inizialmente solo come una situazione negativa, in uno stimolo per tirare fuori la cattiveria agonistica, l’energia per dimostrare quello che è il mio valore. Alla fine devo quindi ammettere di essere addirittura grata a chi mi ha in un certo senso ostacolata, perché in realtà ha risvegliato la guerriera che è in me.»

«La mia stagione è stata a mio giudizio davvero positiva: subito bene a Bratislava e poi continuità con le prove di Holten, Grand Prix Rimini, Grand Prix Vieste sino al trionfo di Bardolino a fine giugno. Al di là dei risultati, ho dato dimostrazione di una mia crescita costante.»

Gaia Peron vincitrice del Triathlon Internazionale di Bardolino 2014

«Purtroppo questo non mi ha permesso comunque di poter gareggiare nell’ITU World Triathlon Series, nonostante avessi i punti per partecipare; la FITri ha fatto una scelta precisa, ovvero la mia posizione è stata utilizzata per fare gareggiare al mio posto un’altra atleta, peraltro assolutamente valida, ma incappata in un periodo sicuramente negativo.»

«Nel prosieguo della stagione è arrivata la trasferta dell’ITU World Cup in Ungheria. Lì mi sono ritrovata con Andrea Gabba (attualmente tecnico della nazionale turca di triathlon, ndr) e abbiamo parlato un po’ di quello che stavo vivendo.»

«Gli feci una battuta: “Se continua così va che vengo a gareggiare da te!“. Lui mi rispose di fare la gara, poi avremmo fatto due chiacchiere sull’argomento…»

«Io arrivai prima delle azzurre al traguardo e quando mi ritrovai con Andrea lui mi propose ufficialmente di pensare al cambio di nazionalità per tentare insieme la qualifica olimpica con la Turchia. Il che significava in pratica per me anche lasciare le Fiamme Oro e quindi anche un posto di lavoro assicurato.»

«Ho cercato a quel punto di capire pian piano le dinamiche e la burocrazia da affrontare. E soprattutto di capire anche quanto io volessi vestire i colori di una nazione che, anche se mi stava accogliendo a braccia aperte, non era la mia. Sarà scontato, ma ci tengo a dirlo: io sono, mi sento e rimango italiana.»

«Questa situazione per diversi mesi mi ha fatto stare sulle montagne russe a livello di umore, dovevo prendere una decisione per la mia vita.»

«A 28 anni, per l’Italia del triathlon sarei passata come atleta over quota (a 28 anni, ndr) e probabilmente non avrei ricevuto nemmeno la lettera, di conseguenza avrei dovuto andare a vivere in caserma. “Io voglio arrivare alle Olimpiadi” mi sono detta, “voglio fare tutto quello che mi è possibile fare per centrare questo obiettivo”.»

«E così ho deciso di prendere questo treno che passa una volta sola. Ci devo provare! Per tanti motivi: per i sacrifici che ho fatto; per le persone che hanno creduto e credono in me anche quando avrei mandato tutto a ramengo; per il gruppo Fiamme Oro che mi è stato vicino anche in questo momento delle dimissioni, nelle cose burocratiche, ma soprattutto dal punto di vista personale.»

«E anche per la FITri, che mi ha supportato e mi ha concesso, a fronte di un dialogo sereno e schietto, il nullaosta di cui avevo necessità per andare in Turchia. D’altronde non ero più nei loro interessi, s’era persa la fiducia reciproca, ma siamo comunque riusciti a trovare il giusto accordo.»

«Quello che mi preme far capire è che io non vado in Turchia perché sono sicura di andare a Rio: io parto solo con tre punteggi utili, la qualifica la prendono in 55, ovvero chi sui campi gara se la merita. Non sarà affatto facile, mi dovrò giocare il tutto per tutto e dovrò fare il meglio. Io avevo bisogno di poter gareggiare, usare il mio nome per me e poter gareggiare e ho scelto la Turchia perché ho la possibilità di fare il mio percorso.»

«Ho passato mesi altalenanti, ma ora sono davvero felice. Sono tranquilla perché ci ho pensato tanto e so di aver fatto la scelta più giusta per me stessa. Certamente mi auguro di esserci a Rio 2016, a 30 anni, ma so anche che se non dovessi riuscirci sarò ugualmente soddisfatta perché avrò fatto tutto quello che potevo fare per cogliere questa possibilità.»

«E’ il momento dei grazie… In primis ad Andrea Gabba che non pensavo avrebbe avuto tutta questa fiducia in me! Avere lui come CT, allenatore e marito di una grande campionessa come Nadia (Cortassa, ndr), è per me una sicurezza: lui sa perfettamente cosa serve ad una triatleta PRO.»

«Grazie a Facco, che rende la mia fatica un immenso piacere.»

«Grazie alla mia famiglia “allargata”, quella mia e quella di Luca.» «Grazie al mio team, con Fabrizio Costantino che continuerà a seguirmi in questo percorso che andrò a intraprendere.» «Grazie agli amici extra triathlon e anche agli amici triatleti che mi hanno dimostrato appoggio continuo, in particolare Daniel, Margie, Alessia, Alice, sempre presenti per un consiglio o per ascoltare uno sfogo.»

«Quest’anno sarò dunque io ad indossare il body ITU fino a ottobre 2015 (è necessario passi 1 anno e 1 giorno dall’ultima gara fatta con la propria nazionale, prima di poter indossare il nuovo body, ndr). La Turchia mi chiede delle presenze, ma ci dà massima libertà per il mio percorso di qualifica olimpica che con Andrea abbiamo già programmato; sicuramente farò degli stage in Turchia per fare crescere il movimento di questa nazione, in particolare per i giovani.»

«L’esordio sarà ad Abu Dhabi a inizio marzo per la prima WTS del 2015, devo racimolare i punti lasciati per strada.»

«Naturalmente avrò una società anche in Italia, il Triathlon Team Ravenna, quindi mi vedrete ancora qui in giro!»

Sicuramente ci sarebbero da fare tantissime riflessioni su queste dichiarazioni, su come la federazione utilizzi spesso i risultati (rank) di alcuni a favore di altri per poi accantonare velocemente i primi, di come la federazioni si ostini a chiedere ad atleti “scomodi” dei tempi in singole discipline quando poi in gara (che è l’unica cosa che conta)  raccoglie buoni risultati. Ricordiamo che lo stesso trattamento per esempio era stato riservato a Daniel Fontana , Giuseppe Ferraro e altri. In questo caso parliamo di una atleta che al 99,9% esce nel primo gruppo a nuoto senza problemi, che in bici può anche entrare in una fuga e che quindi si presenterà quasi certamente in T2 davanti, certezza che forse solo 1-2 atlete in Italia hanno! Ci sarebbero da scrivere fiumi di parole poi sul discorso dell’età, secondo la Fitri  a 28 anni si è già “vecchi”, stessa motivazione con cui hanno tranquillamente messo da parte anche Hofer e per cui Daniela Chmet (neo mamma) ha interrotto la sua attività agonistica. Questo ragionamento potrebbe essere accettato in nazioni come la Gran Bretagna dove ci sono moltissimi giovani di altissimo livello, ma nella nostra realtà dietro ai soliti 3-4 non abbiamo nessun atleta che in prospettiva possa essere competitivo a livello mondiale. La SAS  si è rivelata un fallimento colossale, un “parcheggio” di atleti e giustificazione per l’impiego di tecnici da anni,  Adesso siamo pronti a scommettere sul fatto che ai giochi europei di Baku, la Fitri manderà i suoi “atleti fidati”  nonostante i vari Molinari, Hofer, Santimaria, Signorini e Massimo De Ponti abbiano guadagnato i punti necessari per conquistare 3 posti per categoria e soprattutto A SPESE PROPRIE !  Tornando alla Peron ne  guadagnerà di certo la Turchia di coach Gabba, che giustamente punterà anche allo sviluppo della triplice grazie a Gaia. Un sentito in bocca al lupo per la sua nuova avventura.

 

 

http://www.triathlonmania.it/triathlon/gaia-peron-spiega-le-motivazioni-che-lhanno-portata-in-turchia/

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