Conoscere la frequenza cardiaca durante la corsa, utilizzando un cardiofrequenzimetro, è fondamentale per gli appassionati di running, da quelli principianti ai più esperti.
Oggigiorno, gli appassionati di running sono oramai attenti a cogliere i segnali del proprio corpo, calibrando di conseguenza le prestazioni e facendo attenzione anche agli infortuni, sui quali sono sempre più informati. Tuttavia c’è un aspetto che, anche coloro che hanno maggiore esperienza, tendono a sottovalutare: la frequenza cardiaca. Eppure, per conoscere al meglio quella “macchina” che è il nostro corpo, è necessario prestare attenzione anche al suo “motore”, ovvero il cuore. Non è un caso che, seppure perfettamente equipaggiati dal punto di vista tecnico, molti non abbiano mai preso in considerazione l’idea di utilizzare un cardiofrequenzimetro, ritenendolo un orpello inutile. Troppo spesso ci si affida infatti alle “sensazioni” e l’unico riscontro numerico a cui si presta attenzione è quello del cronometro: ecco quindi, di seguito, alcuni consigli per imparare ad “ascoltare” il cuore.
Non fidarsi delle “impressioni”
Indipendentemente dal grado di preparazione (principiante, medio o evoluto), l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro è fondamentale per migliorare le prestazioni, ma anche per conoscere il cuore e la sua cosiddetta “Frequenza Cardiaca Massima” (FCM) al fine di non sottoporlo a sforzi eccessivi. Tra l’altro, il classico modello di cardiofrequenzimetro da polso, dotato delle funzioni essenziali, non costa molto e il suo acquisto non deve essere associato all’idea di venire considerati dei “principianti”: molti allenatori lo consigliano anche ad atleti professionisti e pluri-medagliati. Evitando di affidarsi alle proprie “impressioni”, i dati del dispositivo aiutano infatti a modulare meglio lo sforzo anche sulle distanze brevi, dato che erroneamente si pensa che questo strumento sia utile solo per sport quali il ciclismo.
Per tutti i runners
Per un runner principiante, ad esempio, il cardiofrequenzimetro è utile a frenare gli inevitabili eccessi, evitando così gli sforzi e aiutandolo a mantenere l’indice di FCM tra il 65% e il 75% (che deve corrispondere alla frequenza massima che ognuno calcola per sé): è questo il “range” che andrebbe mantenuto durante la corsa. Per i corridori di livello medio, invece, il dispositivo elettronico può aiutare ad affrontare sforzi gravosi come le corse lunghe (durante le quali è necessaria un’andatura media) oppure le sessioni di “recupero”, in modo da garantire il ripristino della migliore condizione in modo graduale. L’utilizzo del cardiofrequenzimetro è tuttavia consigliato anche ai runners evoluti: Bobby McGee, allenatore sudafricano capace di portare i suoi atleti a gareggiare anche alle Olimpiadi, spiega che “nemmeno un professionista può fare affidamento solo sull’intuito” e suggerisce di usarlo durante le sessioni di “training” (prevenendo i rischi da “super-allenamento”), ma anche in gara per individuare il ritmo più consono e modulare meglio la partenza e le fasi conclusive di una corsa.
Calcolare la “Frequenza Cardiaca Massima”
Infine, come accennato prima, per usare bene un cardiofrequenzimetro è bene calcolare la FCM, in modo da tenerla come valore di riferimento. Le formule consigliate dagli esperti per il calcolo sono due: la prima, introdotta dal fisiologo svedese Per-Olof Åstrand, spiega che la FCM si ottiene sottraendo al numero 220 la propria età; tuttavia, una variante più complessa ma maggiormente accurata è il “Metodo di Martti Karvonen” che è così riassumibile: [(220 – età – frequenza cardiaca a riposo) x % di lavoro] + frequenza cardiaca a riposo. Questa seconda formula, inoltre, sembra anche più precisa con l’aumentare dell’età.
Il Team di RunningMania