Quanto (e come) la prima può influenzare la seconda? Queste domande hanno una loro ragion d’essere, periodicamente infatti, a intervalli più o meno regolari, si riapre il dibattito su tale questione. Del resto l’argomento è sempre più attuale e, in effetti, sono sempre più numerose le persone che si allenano correndo con le cuffie.
Molti ritengono che allenarsi ascoltando la musica aiuti a migliorare le prestazioni, ma cosa c’è di vero in questa posizione? Prima di rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro.
Anche noi, sul nostro sito, riprendemmo la notizia riportando tra l’altro un passo di una delle opere di Roberto Albanesi, L’allenamento mentale negli sport di resistenza, passo in cui, appunto, l’argomento musica veniva trattato in dettaglio; lo riportiamo qui di seguito:
La musica – È un esempio di focalizzazione psichica su un evento piacevole: il soggetto crede che utilizzando un focus positivo (in mancanza della vincita al Superenalotto!) possa sentire meno la fatica. Se fosse così tutti i professionisti userebbero tale focus. In realtà vale il discorso fatto qualche riga fa per il focus psichico positivo che permane per tutta la gara: che pensi a cosa farò con i soldi della vincita al Superenalotto o se mi concentro sulla mia musica preferita otterrò lo stesso risultato, quello di distrarmi dalla prestazione. Ovvio che farò meno fatica, ma perché essendo meno concentrato sulla prestazione andrò molto più piano. Non a caso fare sport ascoltando la musica è tipico della mentalità dello jogger.
Decisamente chiaro e indicativo del nostro pensiero sulla questione; cerchiamo comunque di approfondire il concetto.
Correre con le cuffie: doping musicale?
La teoria – Alcune ricerche sostengono che esiste una relazione tra il suono ascoltato e le prestazioni e che la musica riduce la percezione dello sforzo e, aiutando il rilassamento, riduce il consumo di calorie. Alcuni triathleti selezionano compilation di canzoni in cui le battute al minuto sono identiche ai passi della corsa, per creare un’identificazione perfetta di ritmo. Non a caso alcune riviste di corsa propongono le proprie playlist.
Per contro altri, e questa è anche la nostra posizione, sostengono che il vantaggio è illusorio, anche confortati dalle esperienze di diversi runner. Ecco cosa scriveva tempo fa uno di loro a Roberto Albanesi:
“Io non sono un esperto, ma a me, ascoltando la musica correndo, è andata così:
a) quando correvo a braccio prima di conoscerti, la musica mi faceva piacere;
b) da quando ho cominciato a correre con una certa attenzione al percorso, ai km, alla velocità…. non l’ho più ascoltata perché mi distrae”.
In sostanza come conciliare le due posizioni? Semplice.
La musica può agire sull’umore di una persona e questa alterazione agisce sulla prestazione.
Si faccia bene attenzione: agisce, non migliora. Infatti il più delle volte l’azione sull’umore è negativa.
La musica può rendere più aggressivi, può eccitare o deprimere, può caricare o rilassare, può svegliare o fare addormentare. Facciamo un esempio, una persona che ama il rock può trovare veramente deprimente ascoltare durante una corsa una banda che suona musica “da morti” oppure brani lirici, come accade per esempio durante le competizioni collegate allaMaratona dei luoghi verdiani; per contro, lo stesso soggetto, se durante una maratona ascoltasse musica rock, rischierebbe di partire troppo forte e di schiattare al trentesimo km. Può essere altresì vero che in un momento di crisi al 40-esimo km (il celeberrimo muro della maratona) ascoltare musica “che carica” può far ritrovare preziose energie. Per cui si può tranquillamente dire che la musica durante la corsa è quasi sempre controproducente, tranne in quei casi in cui serve per superare momenti di difficoltà. Se questi momenti di difficoltà durano tutta la gara e uno ha bisogno della musica per superarli, che corre a fare? È sicuramente più consigliabile allenarsi meglio…
Prestazione: migliora o peggiora?
correre con le cuffie è veramente soft*.
Del resto il nostro cervello non riesce a fare due cose al massimo livello. Per esempio: studiare e sentire musica. D’altro canto molti studenti affermano a ragione che “studiano meglio” se sentono musica. Il punto è che se amassero lo studio riuscirebbero ancora meglio. La stessa situazione si ha per chi corre con le cuffie: se amasse veramente la corsa e fosse inebriato dalle sensazioni che essa dà al proprio corpo (una vera “musica”) andrebbe ancora più forte di quando usa le cuffie. Le cuffie diventano cioè una specie di Viagra atletico: permettono di ottenere una prestazione migliore, ma solo perché il lato psichico del jogger è ancora carente nei confronti del gesto sportivo. Del resto ciò parrebbe confermato dalle numerose ricerche sul cosiddetto multitasking (multifunzionalità) cerebrale. A una di queste (Ophir E et al., Cognitive control in media multitaskers, Pnas, Aug 24, 2009) ha partecipato Clifford Nass, un professore dell’università di Stanford; Nass afferma: “I soggetti con una forte vocazione per la multifunzionalità sono assai scadenti in queste funzioni diverse… più fanno, peggio lo fanno”. Eyal Ophir, un altro degli autori della ricerca, ha rincarato la dose: “Ci era noto che la multifunzionalità fosse difficile da una prospettiva cognitiva; ci chiedevamo: qual è quella particolare dote che permette a questi soggetti di svolgere funzioni diverse? E invece di trovare cose che fanno meglio, abbiamo trovato cose che stanno facendo peggio”.
Molti amanti delle cuffie non saranno ancora convinti. Bene, che ne pensano di un soggetto che per fare l’amore ha bisogno di sentire musica, altrimenti non ci riesce? Ha una grande carica sessuale?
La salute: le cuffie fanno male?
…Omissis…
Nell’ottobre del 2008 il Comitato scientifico SCENIHR (Comitato scientifico per i rischi sanitari emergenti e recentemente identificati) dell’UE ha avvertito che l’ascolto di apparecchi musicali portatili ad alto volume per un periodo prolungato di tempo può portare a lesioni permanenti dell’udito. Il 5-10% degli ascoltatori rischia una perdita permanente dell’udito. Si tratta di persone che ascoltano in generale musica ad alto volume per più di un’ora al giorno. Si stima che nell’UE ben 10 milioni di persone sarebbero a rischio. La Commissione europea ha affidato oggi un mandato al CENELEC (l’organismo UE di normazione) affidandogli l’elaborazione di nuove norme tecniche di sicurezza.
… Omissis…
Meglena Kuneva, Commissario UE responsabile per i consumatori, ha affermato: “È facile che vi capiti di aumentare il livello sonoro del vostro [lettore] MP3 portandolo a livelli sonori eccessivi soprattutto quando vi trovate su una strada trafficata o su un mezzo di trasporto pubblico. Sappiamo per certo che soprattutto i giovani – che ascoltano musica ad alto volume a volte per diverse ore alla settimana – non si rendono conto che stanno mettendo a rischio il loro udito. Possono trascorrere degli anni prima che il danno uditivo si manifesti e allora è troppo tardi.
Quindi, tornando per un attimo alla corsa, considerando che Haile Gebrselassie gareggia e si allena senza ascoltare musica, ma corre comunque abbastanza velocemente, forse è meglio rinunciare a correre con le cuffie…
* Questo non vale quanto più lo sforzo diventa vicino alle proprie possibilità fisiologiche. Non a caso nel paragrafo precedente si parlava di triathleti, quasi sempre orientati all’Ironman. In questi casi, una musica eccitante può far superare la crisi, ma può anche far superare un limite di pericolo. Pensiamo a Dorando Petri: cosa sarebbe successo se all’ingresso nello stadio avesse ascoltato la musica per lui più motivante in assoluto? Magari avrebbe vinto senza cadere, ma magari avrebbe anche fatto la fine di Filippide. Non si può cioè escludere che in competizioni in cui si esauriscono le risorse fisiologiche dell’atleta (dal nostro punto di vista riteniamo che questo discorso valga di più per l’Ironman o le ultramaratone) la musica possa far superare il limite di pericolo.