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Running, l’importanza dell’elasticità muscolare

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L’elasticità muscolare è un aspetto spesso sottovalutato nell’allenamento del runner: scopriamo in cosa consiste e se può essere allenata.

Conosciuta con diversi nomi tecnici, ma sovente poco considerata nell’impostare le sessioni di allenamento: l’elasticità (chiamata anche estensibilità) è un aspetto fondamentale che, tuttavia, non solo i runners principianti ma anche quelli professionisti curano a volte in modo approssimativo, sviluppando di più forza e potenza muscolare. Anche per questo motivo, è importante capire di cosa si tratta per essere in grado di sollecitarla proficuamente nel corso del training: come ben sanno coloro che si cimentano in altri sport, solo in questo modo è possibile ottimizzare le performance.

Alla scoperta del concetto di elasticità.

L’elasticità, a differenza del concetto di flessibilità che riguarda invece le articolazioni, si riferisce unicamente all’ambito muscolare e, in Medicina dello Sport, ne sono state individuate diverse tipologie: balistica, statica e dinamica. Mentre la prima interessa l’ampiezza del movimento ottenuta con la velocità massima del gesto, quella statica prescinde invece dalla velocità; infine, quella dinamica presenta caratteristiche intermedie tra le due precedenti. L’aspetto però più importante è che l’elasticità va associata sempre a un determinato gruppo muscolare (polpacci, quadricipiti e così via), anziché all’intera struttura di un individuo. Dunque, dal momento che ogni sport tende a sollecitare maggiormente un particolare gruppo muscolare, ne consegue che per il running solo dei particolari esercizi di stretching contribuiscono davvero a sviluppare l’elasticità.

Migliorare l’elasticità è possibile?

A differenza della forza e della potenza, menzionate precedentemente, l’elasticità muscolare non è facilmente migliorabile. Sul mercato esistono alcuni integratori a base di amminoacidi che possono aiutare in tal senso ma, come è facilmente intuibile, la migliore soluzione è quella di ricorrere all’esercizio fisico: ad ogni modo, nemmeno lo stretching può portare a risultati miracolosi in presenza delle caratteristiche fisiche personali del corridore, oltre che delle attività sportive pregresse. Insomma, se da un lato non si devono avere grandi aspettative circa la possibilità di migliorare l’elasticità (specie con l’avanzare dell’età), dall’altro una scelta più ragionevole per chi corre è invece quella di “mantenerla”, ovvero gestendola al meglio man mano che si invecchia e che le prestazioni decadono.

Un test funzionale per misurarla.

Anche per questo motivo, è bene che il runner misuri il livello di elasticità dei suoi gruppi muscolari attraverso il cosiddetto Test di Bosco (utile a stabilire le caratteristiche morfologiche e funzionali dei muscoli): stando in posizione eretta e a gambe unite, la distanza misurata tra il suolo e la punta del piede esteso dopo aver saltato verso l’alto indica l’elasticità dell’individuo. Se per un atleta che pratica pallavolo o basket il valore si aggira al di sopra dei 45 centimetri, per un corridore non più giovane è difficile raggiungere anche i 30 centimetri. Inoltre, in base a questo test è possibile scoprire se l’elasticità costituisce un aspetto positivo per il runner o un difetto (specie quando la forza muscolare è insufficiente e su certi terreni si trasforma invece in un fattore che limita la velocità).

 

 

Il Team di RunningMania